“La filosofia è inutile.” A tutti noi è capitato di sentire almeno una volta questa espressione. Ma è proprio vero? Affrontiamo l’argomento con Cristiana Meneghin, che nel suo romanzo d’esordio dal titolo Ananke ha voluto inserire una componente filosofica derivante dalla formazione universitaria della stessa.
Quali sono i riferimenti filosofici che hai voluto inserire nel tuo libro?
Buon giorno, sono Meneghin Cristiana vorrei iniziare con il salutare tutti e con ringraziare Melania per avermi concesso un’intervista sul suo Blog su un argomento che mi sta così tanto a cuore, anche se, chi ha seguito le altre tappe del Blogtour, si starà chiedendo come possa esserci una componente filosofica in un romanzo che all’apparenza sembra in realtà molto frivolo.
Ananke è un New Adult – Paranormal Romance e a tutti noi, sentendo questi termini vengono in mente, non necessariamente in questo ordine: La Saga di Twilight, la serie infinita di Jemie McGuire, l’altra serie infinita di Anna Todd (siamo ormai al settimo) e la serie delle Cinquanta Sfumature, ma leggendo Ananke un lettore esperto non può non notare la presenza di vere e proprie teorie filosofiche implicite e citazioni esplicite.
Per non diventare troppo prolissa salterei le citazioni esplicite, anche perché sono facilmente identificabili nel romanzo, visto che le ho scritte in corsivo e ho indicato chi è il filosofo che usa quella determinata citazione e mi soffermerei su quelle implicite così che leggendo Ananke chiunque possa notarle.
Partirei dal mio filosofo preferito, Platone. In Ananke, nel Capitolo 9 per la precisione, Ambra, la protagonista, si trova a dover eseguire La Danza della Creazione per creare, grazie al suo Hartox (un braccialetto magico) un’Aloe Repatrix e per riuscire a spiegarvi questa miracolosa creazione io ho usato il Mito del Demiurgo raccontato nel Timeo di Platone.
Nel Timeo il Demiurgo è una sorta di divino artefice e plasmatore del mondo. Per Platone, prima della creazione del mondo c’era solo il caos, ovvero una materia spaziale priva di vita che chiama Necessità. É il Demiurgo a dare un ordine alle cose del mondo a immagine e somiglianza delle idee chiare ed evidenti. Anche in Ananke Ambra, mentre sta riflettendo su come creare l’Aloe Repatrix dichiara che per prima cosa è necessario che lei abbia nella sua mente delle idee chiare ed evidenti e anche la creazione dell’Aloe Repatrix di Ambra, come quella del Demiurgo non è una creazione che avviene dal nulla, ma è più che altro un lavorare su della materia preesistente che inizialmente era senza vita.
Per farvi capire meglio vi lascio un pezzetto del mio romanzo. Ambra: «Eseguo i passi della Danza della Creazione come se li conoscessi da sempre e come se avessi fatto quella cosa fin dall’inizio dei tempi. Il mondo scompare davanti ai miei occhi e la terra da sotto i miei piedi. Si tratta di un’operazione che rende un umano molto simile a un Dio. Se non fosse che nel mio caso non è una creazione dal nulla, ma tutto prende forma dalle mie emozioni, dai miei ricordi che fanno esplodere il mio Centro e la mia scintilla di vita si propaga nel nucleo degli Hartox che sfruttano le particelle degli elementi del nostro pianeta per creare un essere identico a quello che io ho nella mia testa. Per questo devo conoscere ogni dettaglio fisico, chimico e qualitativo dell’essere che sto andando a creare, devo averne delle idee chiare ed evidenti se voglio riprodurne la copia fedele su questo pianeta.».
Penso che ora sia tutto più chiaro. Nel mito del Demiurgo all’origine abbiamo il caos, una materia confusa e delle idee chiare, evidenti ed eterne da cui il Demiurgo parte per dare forma alla materia e plasmare il mondo.
Cambiando completamente argomento e facendo un balzo di qualche secolo vorrei parlarvi di Alfred Russel Wallace. Purtroppo non è conosciuto come il suo grande amico Charles Darwin, ma io ho avuto il piacere di leggere le sue teorie e vedrete resterete a bocca aperta.
A.R. Wallace nasce in Galles nel 1823 ed è l’ottavo di nove fratelli. É di umili origini e autodidatta. Nel 1848 si trova a fare un viaggio con l’Entomologo Henry Bates in Amazzonia e lì rimane fino al 1852 facendo varie scoperte sulla biologia e la geografia del luogo, che lo portarono, nel 1852 a concepire l’idea dell’Evoluzione della Specie, ben sette anni prima della pubblicazione dell’Origine delle specie di C. Darwin.
Certo c’è da dire che C. Darwin ci mise vent’anni a scrivere l’Origine delle Specie, ma pensate che A.R. Wallace e C. Darwin erano così tanto amici che nel 1855 A.R. Wallace scrisse un articolo con le sue scoperte e lo inviò a C. Darwin, che leggendo le sue stesse teorie messe nere su bianco quasi morì d’infarto e in fretta e furia finì la sua opera e la pubblicò solo un anno dopo con il titolo di Origine delle Specie e, anche se a favore di C. Darwin si può dire che fu lui a convincere l’amico a pubblicare l’articolo che gli aveva inviato, in ambito scientifico, tutt’ora la vera paternità della teoria dell’Evoluzione è molto dibattuta.
Non voglio stare qui a discutere sull’effettiva paternità della Teoria dell’Evoluzione, ma voglio farvi notare la sottile differenza che separa la teoria di A.R. Wallace da quella di C. Darwin e mostrarvi come ho utilizzato tutto questo in Ananke.
La Teoria dell’Evoluzione di C. Darwin più o meno la conosciamo tutti. Brevemente: in Natura le specie che sono arrivate fino ai giorni nostri sono quelle che meglio si sono adattate all’ambiente circostante sopravvivendo così al processo della Selezione Naturale.
Le teorie di A. R. Wallace sono simili a quelle di C. Darwin quasi in tutto ad esclusione per un punto: per A.R. Wallace, l’essere umano, in quanto essere dotato di intelletto, moralità e di una componente spirituale fuoriesce dal meccanismo della Selezione Naturale e quindi, solo per questo essere, le leggi dell’Evoluzione intese come sopravvivenza di chi sa adattarsi meglio all’ambiente, che valgono per gli altri esseri, non hanno alcun potere e questo è quanto: l’essere umano in quanto essere morale, intelligente e con un’indole spirituale può sconfiggere le leggi che comandano la natura. Vi lascio riflettere, mentre io passo a spiegarvi cosa c’entra questa teoria dell’Evoluzione con il mio romanzo.
In Ananke siamo proiettati in un futuro post-apocalittico. La vicenda è narrata in prima persona da Arhon e Ambra, due ragazzi che abitano sul pianeta Terra nel 2038. Nella loro epoca il nostro pianeta ha subito dei profondi mutamenti biogeologici causati dall’impatto fra la Terra e un meteorite, l’Eubale.
Per via delle radiazioni aliene scaturite dall’Eubale gli esseri viventi subiscono una rapida evoluzione diventando delle creature veramente terribili: gli Animaltus, evoluzione degli esseri animali e le pericolosissime Big-Bang, evoluzione delle specie vegetali.
Quindi in Ananke sentirete spesso parlare di evoluzione che, per via delle radiazioni emanate dal meteorite, agisce molto velocemente e modifica gli esseri viventi in pochi anni. Infatti tra le altre creature magiche troviamo i leggendari Shen, l’evoluzione degli Animaltus e l’essere vivente più pericoloso di tutti: l’Animaltus Sapiens un essere che di umano non ha più nulla, dotato di capacità particolari, cacciatore degli esseri umani stessi e completamente incapace di provare sentimenti e questo ci porta a cosa in Ananke distingue gli esseri che possono sfuggire alle leggi della Selezione Naturale da quelli destinati a dover adattarsi per sopravvivere.
Mentre per A.R. Wallace erano l’intelletto, la morale e le forze superiori a far sfuggire gli esseri umani dai meccanismi della Selezione Naturale, in Ananke sono i sentimenti ciò consente agli esseri umani, ma anche agli Shen di fuoriuscire dal processo di Selezione Naturale. Gli Shen, pur essendo degli animali figli degli Animaltus a differenza di questi ultimi sanno provare sentimenti e sono i sentimenti a legare gli Shen ai loro Guardiani. Sono sempre i sentimenti ad attivare il potere magico degli Hartox, gli strumenti che aiutano gli esseri umani a difendersi dagli Animaltus e quindi ciò che riesce a salvare gli esseri umani in questa estenuante lotta alla sopravvivenza altro non sono che ciò che realmente essi sanno provare.
Nei ringraziamenti fai riferimento a tua madre, la prima lettrice di Ananke. Racconti che ti ha ripetuto fino alla nausea di non iscriverti alla Facoltà di Filosofia, perché la riteneva inutile per una futura occupazione. Ma davanti alla tua cocciutaggine si è dovuta arrendere e allora ha ripiegato a consigliarti di laurearti a pieni voti ripetendoti fino alla nausea: «Se vuoi fare una cosa, devi farla bene!». Questo tipo di impostazione è molto comune nell’educazione femminile e ha creato un bel divario tra gli uomini (educati a buttarsi “all’avventura”) e le donne (che possono muoversi solo se sicure di avere tutto sotto controllo). Secondo te come si può trovare un sano equilibrio tra coraggio e perfezionismo?
Beh devo dire che riferendomi a mia madre non è che lei continuasse a ripetere: «Se vuoi fare una cosa, devi farla bene!» a me in quanto donna, infatti lo ripeteva con costanza anche a mio fratello e forse è proprio l’essere pignoli e il realizzare sempre quello che ci passa per la testa ciò che più ci rende simili.
Ma è sicuramente vero che nonostante tutte le lotte che vi sono state per la discriminazione sessuale, una parità fra uomo e donna, almeno in Italia, non è ancora stata raggiunta e parlando della dicotomia tra coraggio e perfezionismo a me è subito venuta in mente la tragedia di Antigone.
L’Opera di Sofocle racconta la storia di Antigone, una ragazza che si trova alle prese con il dover decidere se scegliere di seguire il suo dovere di dare una degna sepoltura a suo fratello Polinice o la volontà del nuovo re di Tebe, Creonte di non seppellirlo. E così ci troviamo in un contrasto fra la legge divina, che impone ad Antigone di seppellire il corpo del fratello defunto e quella umana che glielo vieta.
Antigone è coraggiosa e si ribella alla legge umana seppellendo suo fratello e il suo atto è considerato un vero e proprio scandalo. Nell’Antica Grecia, specialmente ad Atene, la politica era una faccenda esclusiva degli uomini. Antigone seppellendo il fratello non solo non rispetta la legge del re, ma nemmeno segue la convenzione sociale per cui una donna deve obbedire ed essere sottomessa agli uomini. E Creonte trova così tanto intollerabile quell’atto di ribellione non solo perché non viene eseguito un suo comando, ma ancora di più, perché a disobbedirgli è una donna che tra l’altro una volta scoperta verrà imprigionata in una grotta e lì morirà suicida.
Questo per dirvi che sono gli atti di coraggio ciò che dimostra chi siamo. É realizzando quella cosa che proprio non possiamo esimerci dal non fare che dimostriamo ciò a cui teniamo di più e molto spesso in questi atti emerge il meglio di noi. Sono quegli atti in cui mettiamo tutto di noi stessi e quindi ne scaturisce il voler farlo bene, il tendere alla perfezione. Ed è qui che per me si nasconde il punto d’incontro fra coraggio e perfezionismo.
Per capirci, io avrei potuto scegliere di fare Economia e mi sarei laureata senza voglia, sudando come una dannata su materie che non mi interessavano minimamente e magari non con gli stessi risultati. Invece ho avuto coraggio, ho fatto filosofia. L’ho adorata e così mi sono laureata con il massimo dei voti, in regola con gli anni accademici e ora sono qui a fare quello che mi piace. Per questo penso che la perfezione la si può provare a raggiungere solo se si fa una cosa che piace. Certo anche nelle cose che dobbiamo fare per puro dovere dobbiamo impegnarci e lavorare sodo, ma è innegabile che quando si fa una cosa che c’interessa tutto è più facile, ci si sente meglio, come dire realizzati e c’è qualcosa che spinge a migliorarsi e a lavoro ultimato ne sei soddisfatto. E per questo, a mio parere e per quanto sia possibile è sempre meglio fare un lavoro che ci piace piuttosto che accontentarci di un lavoro che non ci interessa minimamente.
Vi lascio riflettere su una citazione di Sofocle: «Prendi tua figlia e insegnale lo splendore della disobbedienza. É rischioso, ma è più rischioso non farlo mai.». Antigone.
Platone così traduce gli Ellenisti: «per Socrate la filosofia è un’amabile cosa, purché uno vi si dedichi, con misura, in giovane età; ma se uno vi passi più tempo del dovuto, allora essa diventa la rovina degli uomini.». Tu cosa pensi di questa affermazione?
Molto spesso la Filosofia è considerata un sapere inutile se non che addirittura dannoso per la società e oggi giorno gli studenti che si iscrivono all’Università di Filosofia, come anche a quella di Lettere, sono in un costante decrescendo. Non vivo su di un altro pianeta sappiamo tutti che è un periodo di crisi e la ricerca di un lavoro stabile e ciò che può farcelo ottenere è ciò che interessa di più oggi giorno.
Per quel che posso raccontare su di me, io ho iniziato a studiare Filosofia alle Superiori e mi sono innamorata di questa materia fin dal primo istante, anche se devo ammettere che il testo che mi ha dato il coraggio di scegliere la Facoltà di Filosofia è stato L’Utopia di Tommaso Moro. Un’Opera del 1516 di carattere politico/filosofico, ma che viene spesso fatta rientrare nel sottogenere fantascienza per via del fatto che vi è narrato un viaggio immaginario su di un’isola in cui troviamo una società governata dalla pace e dove è la cultura a dominare e regolare la vita degli esseri umani.
Ed è questo ciò che mi ha portata a iscrivermi alla Facoltà di Filosofia: l’amore per la cultura e la convinzione che deve essere l’amore per cultura a governare l’animo umano. Sono sempre stata una persona amante del sapere, mi piace conoscere, leggere, essere informata su tutto. Insomma amo la cultura a trecentosessanta gradi e chi poteva darmela se non che questa Facoltà?
Sicuramente l’essere una persona colta non mi ha aiuto alla ricerca di un lavoro. Ciò non vuol dire che io non abbia trovato un lavoro, come molti ragazzi della mia età ne ho ormai cambiati una marea, ma vuol dire che l’aver fatto Filosofia mi ha sempre fatto riflettere. La filosofia insegna a pensare e quindi a soffermarsi sul mondo che ci circonda e a riflettere su noi stessi. Chi siamo, cosa facciamo, cosa realmente ci piace e perché ci piace…
La Filosofia è l’arte del pensiero e considerando che l’uomo scisso dal suo pensiero non è da considerasi nemmeno un uomo io la ritengo la reale essenza dell’essere umano. Per questo la filosofia è tanto dannosa per la nostra società. Noi viviamo in delle società in cui si vorrebbe avere degli automi che camminano chini sui loro smartphone interessati solo all’apparire e al consumismo, per cui chiedetevi quanto per i meccanismi intrinseci di queste società possa essere pericoloso il saper pensare.
Per questo credo che fare Filosofia non sia stato inutile.
Cristiana
Note finali:
Il presente articolo rientra in un progetto denominato “blogtour” organizzato dall’autrice che permette di vincere tre Ebook del suo romanzo d’esordio Ananke.
Regole per la partecipazione del Giveaway:
Diventare lettore fisso dei blog partecipanti, cliccare mi piace sulla pagina Facebook di Eliana Ciccopiedi e di Cristiana Meneghin Ananke C.M. facebook.com/ciccopiedieliana facebook.com/legemmedelleubale .
Commentare cinque tappe su otto.
I premi in palio per il tour sono tre Ebook del romanzo Ananke. I tre vincitori saranno comunicati sul profilo Facebook dell’autrice al termine del tour e sul blog Every book story http://everybookhasitsstory.blogspot.it/ a conclusione del tour.
Se vi saranno più di tre persone che hanno commentato tutte le sei tappe obbligatorie si darà precedenza a chi ne ha commentate più di sei, per gli altri verrà effettuata un’ estrazione. Per essere estratti e per poter ricevere il premio è necessario lasciare la vostra E-mail. In caso di vittoria sarete contattati.
N.B. Il premio è privo di valore commerciale in quanto frutto di Donazione.
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Ciao Serena, ti ringrazio molto. Il tuo commento mi ha riportata indietro nel tempo. La citazione è attribuita alla filosofia di Sofocle in riferimento all’Antigone. Io l’ho tratta da un articolo scritto da Gabriele Romagnoli (2013) “Cercasi Antigone per la rivoluzione”. Come portale, se ti interessa la filosofia e vuoi leggere L’Antigone ti consiglio Filosofico.net
Ciao e complimenti per l’articolo. Posso chiederti dove hai trovato quella citazione “Prendi tua figlia…”? La trovo molto spesso in rete ma non ricordo di averla letta sul testo, e sui testi integrali che trovo in rete (al momento non ho il cartaceo) non la riportano. Grazie mille!