Qual è il posto delle donne nell’editoria italiana? La domanda -posta da Sofia Biondani nel suo articolo “Il posto delle donne nell’editoria” pubblicato a marzo del 2018 su Ingenere-trova risposta negli ultimi dati disponibili sul mercato editoriale che fotografano un settore in cui le donne affollano redazioni, librerie e biblioteche ma rimangono escluse dai ruoli apicali e strategici della filiera del libro. Tra CEO, presidenti, amministratori delegati e direttori, infatti, solo il 22,3% di questi sono donne contro il 77,7% di uomini nelle stesse posizioni.
Di questo 22,3% fa parte Carlotta Susca, direttrice editoriale di DOTS, casa editrice nata nella primavera del 2018 a Bari con la peculiarità di assegnare a ogni titolo delle parole chiave che indicano la tipologia di pubblicazione, i contenuti e gli spazi esplorati: storie che siano legate a un luogo geografico(un puntino: voi siete qui); libri di viaggio (due punti, spostamenti da un luogo all’altro); libri che esplorino gli spazi della contemporaneità (tre puntini, per riempire dei vuoti nel racconto del presente).
- Carlotta, con quali prospettive di carriera hai iniziato il tuo percorso nell’editoria italiana?
Ho iniziato facendo un po’ di tutto e imparando tantissimo ma tuttora non considero quello editoriale un lavoro che possa essere esclusivo. Nei workshop di editoria che tengo all’università dico sempre agli studenti di non focalizzarsi solo sul sogno di lavorare in questo settore perché difficilmente può diventare una fonte di reddito soddisfacente; se si riesce però a organizzare la propria vita lavorativa in modo da ritagliarsi del tempo per l’editoria, può dare grandi soddisfazioni.
- Rispetto ai modelli di leadership che hai conosciuto nella tua esperienza, cosa imiti e cosa “inventi” nell’esercizio del tuo ruolo?
Più che di invenzione, parlerei di necessità: di natura non sono autoritaria, ho un approccio molto collaborativo e mi piace discutere più che imporre, e spiegare sempre le mie motivazioni. Ho avuto a che fare anche con persone che imponevano scelte a volte in maniera ottusa e non credo sia proficuo. Mi piace farmi stupire dai più giovani e dalle loro idee. Rispetto ad alcune figure di riferimento che ho avuto, cerco di essere sempre più disponibile e di trovare il tempo per rispondere alle richieste di consigli, questa è una cosa che spesso mi è stata negata e non voglio commettere lo stesso errore.
- Nelle medie e piccole imprese editoriali,per le quali gli ultimi dati Istat e AIE disponibili risalgono al 2011, la partecipazione femminile in ruoli apicali è al 49%. Come mai c’è uno scollamento così forte con i big dell’editoria?
Probabilmente la piccola e la media editoria consentono maggiore flessibilità, e magari anticipano cambiamenti che avverranno anche su scala maggiore.
- Sei dottoranda all’Università degli Studi di Bari ‘Aldo Moro’ con un progetto di ricerca sulle serie TV nell’ambito della Teoria della narrazione. Da appassionata di serie tv e lettrice accanita, ho l’impressione che negli ultimi anni si sia contrapposta a una maggiore complessità narrativa nelle serie tv (penso ad esempio a Black mirror, o Handmaid’s tale) una richiesta di “semplificazione” nella scrittura (con successi editoriali alla “50 Sfumature”, caratterizzati da poche linee narrative, capitoli brevi, personaggi stereotipati). Tu che ne pensi?
Credo che quello in atto sia un cambiamento epocale dall’era della scrittura a quella dell’audiovisivo, e che le narrazioni scritte debbano farci i conti. Questo non deve significare una iper semplificazione dei contenuti, ma una sfida anche grafica nel confezionare al meglio i prodotti editoriali cartacei e nel prevedere narrazioni cross mediali che si sviluppino o si espandano su diverse piattaforme. La narrativa di intrattenimento è sempre esistita e si poggia su tipi più che su personaggi; non credo crei ostacoli alla ricerca della complessità tipica della letteratura più ambiziosa – necessaria per tentare di dare voce alla contemporaneità. Da sempre le storie cambiano in relazione ai media su cui vengono create e distribuite, bisogna esserne consapevoli e cercare di contemperare pregnanza e piacevolezza: è questo l’equilibrio su cui si poggiano le opere più significative.
- Secondo te l’editoria italiana cosa sta facendo per valorizzare le scritture femminili e liberarle dalla gabbia del genere rosa?
L’editoria dovrebbe preoccuparsi di pubblicare bei libri, per quanto possa sembrare banale, però ha il potere di indirizzare il dibattito culturale. Di fatto non esiste qualcosa come l'”editoria” ma i singoli editori e il panorama editoriale che contribuiscono a delineare, e credo sia questione di buon senso pubblicare autori e autrici con qualcosa di interessante da dire.
- Come è nato il progetto “Le parole sono importanti”, terza pubblicazione di DOTS?
DOTS è per me è anche un laboratorio di scrittura, mi piace costruire dei progetti con gli autori, a partire da un loro canovaccio o, come in questo caso, da una struttura e una domanda di base. La struttura è quella semplicissima del dizionario, la domanda è Come facciamo a resistere alle brutture da cui siamo circondati e che riecheggiano periodi bui del nostro passato recente? E poi la costruzione di questo libro è diventata l’occasione per collaborare con Andrea Corona, co-curatore del libro, amico oramai di vecchia data e infaticabile operatore culturale. Nella sua prima edizione, il libro è corredato da cartoline e spille e contenuto in una borsa di tela, a testimonianza di come mi piacerebbe divertirmi con le prossime pubblicazioni, unendo serietà dei contenuti e varietà delle forme.
- Dai contributi raccolti, che idea ti sei fatta sulla forma e sulla sostanza di questo 2018?
La raccolta non può considerarsi esaustiva, e poi io e Andrea abbiamo contattato autori che immagino condividano la nostra preoccupazione sul clima contemporaneo. Il 2018 mi sembra molto più nero di quanto appaia degli scritti degli autori di Le parole sono importanti.