Si sta avvicinando la prossima tappa, quella italiana, dell’Xplore Festival 2018 (15-17 Giugno, Bracciano, Roma), un evento speciale che vede sdoganato e reso accessibile uno dei grandi tabù che la nostra cultura rende difficile accettare: la sessualità, soprattutto nelle sue forme espressive e artistiche più estreme.
Tra gli insegnanti qualificati che guideranno i partecipanti in questa intensa esplorazione, ho incontrato Nita, attivista e buffona queer. Nita è diplomata all’Ecole des clown di Emmanuel Gallot-Lavallèe di Roma, ha alle spalle studi sul mimo e la comicità in scuole e teatri d’Italia e d’Europa che ha poi elaborato e applicato a tematiche quali il genere, la sessualità, la libertà.
-Sulla figura del clown ruotano una serie di fantasie e pregiudizi, la narrazione che lo riguarda è piuttosto complessa e l’umore che desta può essere positivo od ostile, mai indifferente! Nita, per te che ti definisci “clown dalla nascita”, chi è il clown?
Il clown, il matto, il buffone, l’arlecchino… è una figura incarnata in molteplici versioni e presente in tantissime società nel mondo e nella storia. La sua funzione è quella di vivere e rappresentare ciò che sta fuori dalle norme sociali: l’osceno, il ridicolo, il bestiale, il disgustoso… Dal riso alla paura, le reazioni che suscita sono immediate e viscerali, non assoggettabili alla razionalità, né al controllo, nè al decoro.
La narrazione contemporanea ha reso il clown una macchietta o un animatore per bambini, depotenziandolo della portata sovversiva, trasformativa e liberatoria. Sia al terribile It che all’immacolato Patch Adams, manca la caratteristica fondamentale del clown: l’umanità. Clown è corpo ed emozioni allo stato puro, con le contraddizioni e l’onestà intellettuale che questo comporta.
Ho seguito un maestro di vita e di teatro per moltissimi anni, Emmanuel Gallot Lavallée. Grazie a lui e ad altri maestri, mi sono addentrata in una ricerca artistica e spirituale mettendo la tecnica al servizio dei temi che mi interessavano come il genere e la sessualità, a cui sembrava corrispondere perfettamente. La vulnerabilità, il potere, la presenza: sono tutte dimensioni centrali sia nella tradizione di clown e buffoni, che nei percorsi queer, femministi, sex positive. Il filo rosso di tutto questo è l’irriverenza: sarà una risata (forse dopo una scopata) che vi seppellirà!
-L’attività che svolgi ti consente di essere presente negli ambienti artistici underground e di avanguardia. Come giudichi lo “stato di salute” di questi ambienti nel periodo attuale? Credi che ci siano città più sane di altre?
La mia esperienza è sicuramente limitata e parziale, non mi sento di giudicare un ambiente brulicante e fortunatamente ancora un po’ inafferrabile e misterioso come l’autentico underground italiano. Quello che posso dire è che mi diverto. Spesso partecipo a situazioni interessanti, vedo spettacoli che mi appassionano o mi commuovono, ascolto musica live davvero fica e partecipo a festival scintillanti e incredibili anche in contesti più diversi, dai lustrini agli scantinati occupati. Negli ultimi dieci anni ho conosciuto persone interessantissime e con voglia di creare con le quali ho intrecciato collaborazioni artistiche e politiche, amicizie, creazioni, sogni, lotte, amori… Credo ci sia in questo momento negli ambienti che frequento una grande voglia e una capacità matura di fare rete. Reti finalizzate a un lavoro di prossimità, di territorio (inteso non solo in senso geografico ma relazionale), impegnate in un lavoro culturale costante, però capaci di intelligenti incursioni e contaminazioni nel “mainstream”, con effetti potenti sull’immaginario collettivo. Roma la mia città mi sembra frizzante, ma ovunque sono stata ospitata con le mie proposte ho trovato attenzione, nutrimento e passione che alimentano la mia voglia di continuare. Non mi piace muovermi nella dicotomia “salute/malattia”, “siamo tutti un po’ malati…ma siamo anche un po’ dottori”, come cantava RAF negli anni ’80, e per molti dei “virus” da cui sono statx sicuramente contagiatx, non voglio nessunissima cura!
-Come sei entrata in connessione con il festival Xplore e cosa ha rappresentato per la tua crescita personale e professionale?
E’ stata proprio attraverso la rete di cui parlavo… Agnese Trocchi, un’amica comune che conosce il mio percorso mi ha presentata a Nehra Stella. C’è stata fin da subito curiosità reciproca e voglia di conoscerci meglio. Sono stata a Xplore l’anno scorso per incontrare lei e Felix, poi loro sono stati ospiti di Hacker Porn Film Festival, che contribuisco ad organizzare. Mi piace che con le persone con cui collaboro ci sia, quando possibile, una conoscenza reciproca, soprattutto se i temi che trattiamo sono il corpo e la sessualità. Questo secondo me è il senso profondo di organizzare festival di questo tipo: creare occasioni di incontro e favorire lo scambio, la contaminazione nella condivisione di esperienze anche profonde, come nel caso dei workshop di Xplore e Hacker Porn.
-“Ars amatoria” è il titolo che hai scelto per il workshop che terrai all’edizione romana di Xplore 2018. Cosa ti piacerebbe trasmettere ai partecipanti del laboratorio?
Xplore mi dà l’occasione di sperimentarmi in un workshop a cui pensavo da tanto tempo, che presenterò per la prima volta. Vorrei trasmettere due messaggio principali nel corso di questo breve viaggio. Il primo è che l’arte, la capacità espressiva e di creare qualcosa in grado di comunicare universi e visioni personali ad altri, è patrimonio di tuttx. Il capitalismo (sempre il solito!) creando la figura dell’artista professionista e l’industria dell’arte ha depotenziato questa capacità in chi non si riconosce o non viene riconosciuto in questa categoria. Disegnare, danzare, recitare sono diventate attività inimmaginabili per gran parte della popolazione, le cui abilità o velleità creative vengono continuamente inibite e scoraggiate dalla società, se non producono valore in senso commerciale in termini di produzione o di consumo.
Certo possedere una tecnica aiuta a esprimersi meglio, ma la voglia di studiare e di imparare viene a moltx dopo che si sono concessi per una volta la magia del palco e si sentono legittimatx a occuparlo.. con il mio workshop voglio far “annusare” ai partecipanti questa magia, affinchè mille e più creazioni sboccino!
Il secondo messaggio che voglio dare è che la sessualità è una fonte inesauribile di energia creativa e può e deve essere utilizzata nella performatività. Questo è un messaggio che sento echeggiare da più parti, nelle famose reti e negli ambienti di cui parlavamo… mi sento parte di un coro, un bel e nutrito coro di perversx.. En avant la musique!
Se siete curiosx di conoscere i progetti futuri di Nita potete seguire il suo profilo fb e il sito del WAO Festival a cui parteciperà come relatrice dal 14 al 17 agosto.
Se avete più di 18 anni e siete interessati a partecipare all’evento Xplore cliccate su questo link per l’iscrizione, o visitate il sito di Felix per conoscere meglio l’ideatore.
La foto che accompagna l’articolo è di Claudia Borgia