L’università di Giurisprudenza del capoluogo emiliano ha ospitato la seconda assemblea nazionale della rete Non una di Meno con l’obiettivo di: proseguire alla scrittura del Piano Nazionale Femminista contro la violenza maschile sulle donne e determinare le linee guida per l’adesione allo sciopero globale dell’8 marzo.
Riporto la mia esperienze e le mie personali considerazioni come partecipante al tavolo “Lavoro e accesso al welfare”.
4 Febbraio – Contributo del Tavolo “Lavoro e accesso al welfare” alla scrittura del Piano Nazionale Femminista contro la violenza maschile sulle donne
Si sono discusse misure concrete su due gradi temi:
Contrasto alla precarietà (abolizione del Jobs Act e tutte le altre leggi che hanno svilito il diritto all’impiego).
Altre proposte dibattute sono quelle di richiedere l’obbligatorietà per il datore di lavoro di corsi di formazione (oltre a quelli già obbligatori che sono privacy e sicurezza) contro la violenza negli uffici; far rientrare il mobbing tra i reati penali; ricerca di metodi concreti per riconoscere l’occupazione casalinga non remunerato; rifiuto dei voucher; strumenti pratici per abbattere le limitazioni orizzontali e verticali alle mansioni delle donne che nascono fin dall’esperienza universitaria.
Ambiziosa, ma a mio parere assolutamente condivisibile, la proposta di aderire all’iniziativa delle femministe francesi per la riduzione delle ore lavorative a 32 -piuttosto che 40- a parità di salario.
Con mio grande piacere si è iniziato a introdurre (anche se, ahimè, ancora in modo troppo timido) il tema del fare impresa tra donne con l’annessa possibilità di realizzarsi inserendosi nel tessuto sociale con le proprie idee. Ritengo che sviluppare l’attitudine all’imprenditorialità sia fondamentale per farci portavoci di una nuova definizione femminista di leadership, gestione del personale e, perché no, della riabilitazione di un eventuale fallimento (tanto oltraggiato dai machisti) come esperienza di crescita e passaggio a un nuovo percorso di vita.
Reddito di autodeterminazione. Tema che rappresenta il vero nodo politico, in grado di trasformare il welfare e consentire di affrontare in chiave femminista la ridistribuzione della ricchezza. Visto che la questione ha generato una discussione piuttosto accesa, ci tengo a esprimere in modo chiaro il mio punto di vista: la rivendicazione del reddito di autodeterminazione non genera alcuna contrapposizione con le battaglie atte a rendere dignitoso il lavoro e la sua organizzazione. Non ci possiamo permettere di ignorare il fatto che, al di là di noi, volenti o nolenti, viviamo in un tempo in cui la rivoluzione industriale 4.0 porterà a una ridefinizione della necessità di capitale umano all’interno delle aziende. Ignorare che in meno di vent’anni non ci sarà più occupazione per tutti vuol dire perdere l’occasione storica di rivendicare -oggi che siamo forti- una vera rivoluzione del welfare, pretendendo la redistribuzione della ricchezza con un reddito di dignità. Ciò permetterebbe inoltre di liberare il nostro tempo e ci consentirebbe di farci riacquistare spazi liberi, prima di tutto dai generi, trasformando la società con i nostri desideri. Tale dimensione del salario a mio avviso dovrebbe essere europea.
Personalmente credo che la partecipazione a questa rete non può prevedere la richiesta al femminismo di supplire a ciò che il comunismo, il movimento operaio/sindacati non hanno realizzato (mi sembra francamente un onere troppo pesante da sostenere!). Il Tavolo ha lo scopo di contrastare la subordinazione delle donne per mezzo della violenza maschile. Siamo un soggetto politico nel quale si raccordano diverse soggettività e che sta sconvolgendo il mondo; abbiamo la possibilità di accumulare una forza importante a livello internazionale. Ci viene richiesto di aprirci e di creare una frattura con le strutture di potere a partire dalla costruzione dei generi. La piattaforma di Non una di Meno, l’8 marzo e il Piano devono essere strumenti pratici, raggiungibili e volare insieme verso una trasformazione della società prescindendo dalle divisioni interne.
5 Febbraio – Come organizzare la partecipazione allo sciopero dell’8 marzo
Concetto chiave da cui partire è che siamo tutt* lavorat***: lo siamo negli uffici, nelle cooperative, nelle fabbriche, nelle strade, negli ospedali, nelle case… la nostra presenza deve diventare il nostro potere così come il compito di nominazione del sessismo nei nostri luoghi deve diventare il modo in cui lo smascheriamo e contrastiamo.
Partecipare all’8 marzo vuol dire sovversione delle pratiche che siamo portate a fare.
E mentre siamo intent* a discutere pratiche, una notizia di portata storica ci investe: gli Stati Uniti d’America parteciperanno con noi allo sciopero globale.
I sindacati italiani come si collocano? Bella domanda. E ormai la risposta per quanto mi riguarda ha perso quasi del tutto interesse.
A Roma si è preso contatto con le vertenze presenti oggi (ad esempio Almaviva). Si sta organizzando un servizio di babysitteraggio da parte di volontari uomini per agevolare lo sciopero delle donne (amici interessati, fatevi avanti!) e delle casse di mutuo soccorso per permettere a tutt* di partecipare a quella giornata.
A breve l’elenco delle pratiche dello sciopero dell’8 marzo.
Lo sciopero è dunque già iniziato con la disponibilità di tutte a farci travolgere da questo “essere marea” internazionale.
Come scritto in precedenza, questo articolo è frutto del mio personale punto di vista. Di seguito il Link al sito di Non una di Meno con i report ufficiali dell’assemblea per tutti e 8 i tavoli tematici: